Un bel bagno di umiltà, la gavetta ed i sacrifici hanno restituito a Pippo Inzaghi una nuova chance di allenare in serie A, una seconda occasione dopo la deludente esperienza al Milan nella stagione 2014/15.

Diciamo la verità, non fosse stato per una questione di affetto, quella stagione sulla panchina del Milan non l’avrebbe neanche terminata, per il rendimento della squadra ma, soprattutto, per la mancanza assoluta di idee e di gioco (con scelte di cambi che hanno anche offeso la storia rossonera, come il cambio di una punta con Alex in casa col Verona per mantenere un vantaggio poi inevitabilmente sfumato).

È ripartito dalla Lega Pro mister Inzaghi, anche se era andato abbastanza sul sicuro nello scegliere la panchina del Venezia dell’ambizioso Joe Tacopina.

I buoni risultati ottenuti coi lagunari gli sono valsi la chiamata del Bologna, dove va a sostituire l’esonerato Donadoni che fino a qualche mese fa sembrava certo della conferma.

Non è una piazza comoda quella di Bologna, fatta di un pubblico calcisticamente esigente, soprattutto dopo la disillusione creata da una proprietà facoltosa che però ha deciso che non bisogna fare i passi più lunghi della gamba.

Qualcuno si aspettava mercati faraonici ed ambizioni europee, ed invece ci si ritrova con un progetto che per ora prevede di mantenere la serie A in modo tranquillo e di poter puntare più in alto solo dal momento in cui si realizzerà il progetto di uno stadio gestito in esclusiva che garantisca introiti maggiori.

Dovrà giocarsela bene questa nuova occasione Inzaghi, perché a Bologna il “mai godutismo” (come lo chiamano loro) dei tifosi è stato capace di portare alla rimozione di mister Donadoni: non bastava più centrare con tranquillità l’obiettivo della salvezza, qui si pretendeva che la squadra facesse vedere qualcosa di più sul piano del gioco, che si vedesse una squadra con una identità ben precisa, capace di regalare qualcosa di interessante e divertisse il pubblico.

Malcontento rafforzato dal numero ingente di sconfitte casalinghe che ha tolto a molti il gusto di andare al Dall’Ara.

Non si poteva più andare avanti così, e non aveva senso neanche per Donadoni rimanere in una città che per larga parte si era stancata di lui.

L’arrivo di Inzaghi ha creato curiosità ed entusiasmo intanto per il differente carattere dei due: tanto pacato e tranquillo Roberto, quanto animato da sacro fuoco Pippo. Ma chiaramente il carattere e l’atteggiamento non possono bastare.

Donadoni gli obiettivi li ha raggiunti, ma a Inzaghi si chiede di vedere qualcosa in termini di gioco e di identità di squadra. Ecco perchè l’ex attaccante rossonero dovrà per forza dimostrare di essere cresciuto in questi due anni, perché onestamente il gioco del Milan e quello del Venezia sono stati tutt’altro che divertenti e spettacolari.

Le dichiarazioni in conferenza stampa di ispirarsi al Cholo Simeone fanno pensare che il suo credo calcistico sia rimasto abbastanza uguale, il che potrebbe anche portare a deludere le aspettative che si coltivano sotto le due Torri. Anche perché la rosa che avrà a disposizione non sarà certo di primo livello (visto che intanto è partito anche l’uomo di maggior qualità, e cioè Simone Verdi).

Da tifosi rossoneri non possiamo che augurare ad Inzaghi di riuscire a sfruttare la nuova opportunità, dimostrando di avere le qualità per meritarsi le panchine del palcoscenico più prestigioso con continuità.

Questo di Bologna è un bel banco di prova, rappresentato da una città civile ed educata che però è convinta di avere ancora quel palato fine che gli deriva dai tempi in cui il “Bologna” era la squadra che “faceva tremare il mondo”.

Tempi ormai trapassati, ma si sa, i nobili decaduti sono sempre convinti di aver conservato intatto il blasone di un tempo.

In bocca al lupo mister Inzaghi.