prandelli

 

Storia di un declino ormai irreversibile

 

Un mister, fuori dal giro, che non trova (o non vuole?) spazio in panca

 

Certo, bisognerebbe capire veramente la voglia che ancora ha di rimettersi in gioco, ma veramente non trova spazio in questo calcio italiano un allenatore come Cesare Prandelli?
Quanti degli allenatori attualmente alla guida delle venti squadre di serie A possono vantare il curriculum dell’allenatore di Orzinuovi?
È vero che non ha vinto nulla (due promozioni dalla B alla A nel suo carniere), ma i risultati ottenuti con le squadre che ha allenato parlano ad esempio di due qualificazioni alle coppe europee con il Parma in fase di crack, e due quarti posti, una semifinale di Europa League ed un ottavo di Champions con la Fiorentina; insomma ottime cose con squadre non certo attrezzate per vincere.
Così come non possiamo non ricordare lo splendido Europeo alla guida della Nazionale chiuso con il secondo posto alle spalle di una imbattibile (per l’epoca) Spagna.
Lo spartiacque della sua carriera è stato quel maledetto Mondiale in Brasile nel 2014, terminato precocemente nella fase a gironi dopo l’illusoria vittoria contro l’Inghilterra.
Da lì il lento declino, anche se dopo essersi dimesso da CT (gesto di grande dignità molto raro a tutti i livelli nel nostro paese) ha subito firmato un contratto plurimilionario col Galatasaray.
Ecco, forse il volersi rimettere in gioco sin da subito non gli ha giovato, forse sarebbe stato meglio prendersi una pausa di riflessione per caricare le batterie e tornare con gli stimoli giusti.
Invece, no, Prandelli è sembrato come svuotato, come se all’improvviso avesse dimenticato tutte le nozioni del mestiere.
Eppure stiamo parlando di un allenatore che prima dell’incarico di CT era stimatissimo per come faceva giocare le sue squadre ed era sui taccuini dei dirigenti delle migliori squadre di club italiani.
Non gli è bastata neanche la chiamata del Valencia per permettergli di ritirarsi su e rimettersi in corsa; mentre la parentesi negli Emirati Arabi è servita solamente per sancire la discesa definitiva nell’inferno.
È dura da raccontare questa vicenda, capire fino in fondo i motivi di un crollo verticale che lo hanno condotto nell’oblio. Perché è del tutto evidente che non possono essere i risultati delle ultimissime esperienze (Galatasaray e Valencia) la causa principale del suo declino, perché se così fosse tre quarti degli allenatori in pista oggi dovrebbe aver smesso di allenare da un pezzo.
Penso, invece, che il tutto può essere ricondotto fondamentalmente a due ragioni: forse Prandelli non ha più voglia e stimoli per provare a continuare questo mestiere perchè quella voglia gli è stata prosciugata dalla pressione e dallo stress della panchina azzurra (ve lo ricordate Sacchi?), oppure il buon Cesare abituato a contratti ed ingaggi milionari non ha voglia di fare un completo bagno di umiltà che lo spinga ad accettare la panchina di squadre di seconda o terza fascia che potrebbero anche offrirgli una occasione (con ingaggi non paragonabili a quelli passati).
Il problema è che ormai Prandelli è fuori dal grande giro, per cui se davvero ne avesse voglia quella sarebbe la sua ultima possibilità. Tuttavia, il fatto che non vada neanche a fare il commentatore in tv (dove anche cani e porci vanno ormai a pontificare) fa propendere per la prima ipotesi, e cioè che Prandelli gliela stia lentamente dando su (o magari lo ha già fatto).

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