Il mio ricordo di Giacinto Facchetti
Non è necessario avere la stessa fede sportiva per celebrare un personaggio.
Due giorni fa si è celebrato l'anniversario della morte di Giacinto Facchetti, ex gloria nerazzurra nonchè ex presidente e dirigente del club interista. La rivalità sportiva che sentiamo con l'Inter non può esimersi dall'omaggiare uno dei grandi signori del calcio che hanno contribuito a rendere popolare l'Italia pallonara.
Chi scrive non ha vissuto per ovvie ragioni anagrafiche il Facchetti giocatore, ma ha potuto apprezzare la sobrietà dei toni e lo stile impeccabile del dirgente interista, fiero rivale rossonero ma mai offensivo o poco sportivo nei confronti delle squadre avversarie. La sua signorilità ed il suo garbo mancano molto al calcio di oggi in cui i toni alti e qualche parola di troppo sono abitudini ormai consolidate e non particolarmente felici.
Mi piace ricordarlo con un episodio non particolarmente noto ai più che risale ai Mondiali del 1970. All'epoca, la Nazionale italiana partì per il Messico con 23 effettivi e non con i previsti 22. Anastasi infatti, centravanti bianconero, aveva avuto un problema fisico prima della partenza e Valcareggi aveva deciso di convocare sia Prati e sia Boninsegna. Uno dei due sarebbe dovuto tornare a casa ma, singolarmente, il commissario tecnico della Nazionale optò per "tagliare" Lodetti. Per Giovannino, grandissima gloria milanista, fu una mazzata tremenda e nessun compagno ebbe il coraggio di avvicinarsi a lui per consolarlo. Nessuno tranne Giacinto Facchetti che gli manifestò la propria vicinanza dicendogli "hai il mio numero, chiamami quando vuoi". Un gesto nobile, vero, che a distanza di quasi 50 anni Lodetti non ha mai dimenticato e che descrive in pieno le grande qualità umane e morali che il capitano dell'Inter di allora possedeva.
