L'oracolo di Delfi coi guantoni
In Italia Buffon può dire di tutto: è questo il segreto delle sue offese libere di mercoledì sera
Non ho mai amato il cerchiobottismo di maniera, tipico vizio italico di chi non ama esporsi ed immerge le sue opinioni nell'acqua stucchevole del perbenismo.
Io credo che, rispettando gli altri, si possa esprimere qualsiasi parere. Vengo al punto.
Gianluigi Buffon non mi è simpatico.
Lo ritengo un grande portiere, forse il più grande della storia del calcio italiano, ma non ne condivido troppe cose in riferimento al suo approccio allo sport ed all'etica sportiva.
Tutto questo però vale molto relativamente. Perchè Buffon può essere simpatico o antipatico, ma è un simbolo della Juventus e della Nazionale italiana.
Il tema quindi è come possa un personaggio di questa portata permettersi il lusso di presentarsi davanti alle telecamere dopo una partita di Champions League e parlare in certi termini, arrivando a mancare di rispetto un professionista, cioè l'arbitro del match, reo di aver fischiato un rigore a suo dire ingiusto.
Com'è possibile che la "libera ed indipendente stampa italiana" abbia fatto passare in cavalleria dette espressioni offensive e volgari?
Qualcuno forse avrebbe dovuto far notare a Buffon che, a suo giudizio, l'arbitro poteva anche essere un incompetente. Dirlo sarebbe stato un giudizio forte ma legittimo, seppur non adeguato alle risultanze di campo, dato che il rigore è parso ai più solare.
Che senso ha invece arrivare a dare dell'animale ad un arbitro finanche a dire che non ha un cuore bensì una pattumiera di rifiuti?
L'unico senso, a mio parere, è quello dell'impunità.
Buffon fa parte di un determinato cerchio magico del nostro belpaese che va dal mondo dello spettacolo a quello dello sport, abbracciando pezzi della politica e della cultura. In questo cerchio magico ci sono alcuni personaggi che quando parlano non vengono mai contestati, ma semplicemente ascoltati.
E, se anche qualcuno osa contestare ciò che dicono, lo fa col tono basso e comprensivo di chi ha paura di cascare nel reato di lesa maestà.
Buffon in questi anni ha detto di tutto e di più. Ha fatto e disfatto, ha creato valori e disvalori sulla base della sua convenienza del momento, ma la sua aurea è stata sempre quella del santone immacolato, dell'oracolo di Delfi dal quale pendono parole di verità e vita.
E così, potendo tutto, Buffon ha scelto di calare il sipario sulla sua carriera sportiva dando sfogo a tutta la sua arroganza di bambino viziato a cui hanno portato via il giocattolo desiderato.
Lui sapeva di poterlo fare.
A lui tutto è dovuto e ciò si può evincere chiaramente da quella frase in cui il portiere della Juventus spiega che l'arbitro non poteva espellerlo perchè era all'ultima partita in Champions League.
Quella considerazione è antisportiva perchè il vero campione non pone mai il suo blasone sul tavolo, non pretende che gli altri lo giudichino per il passato nè di avere corsie preferenziali quando si trova sul campo. Il numero uno della Juve però è arrivato a 40 anni convinto di poter dire e fare di tutto.
Piano piano è così diventato un filosofo contemporaneo che dottoreggia sul giusto e sul non giusto usando le proprie convenienze del momento come parametro valutativo di riferimento che risiede sopra la lealtà, il rispetto per gli altri e la coerenza.
Lui, in fondo, sa di poterlo fare. In Italia ovviamente.
I tanti che continuano a giustificarne ogni sfumatura, riflettando sul personaggio Buffon e sul fastidio con cui ormai viene percepito da chi, bontà sua, non ha le stesse idee e la stessa visione dello sport e del mondo di un ex bimbo prodigio diventato uomo senza passare dall'età matura e che, inconsciamente, pensa ancora che un diploma si possa comprare e che una partita si possa aggiustare.