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I cinesi fantasma: un paese di creduloni

 

Magari, adesso, qualcuno potrebbe anche ammettere di essersi sbagliato nel valutare la nuova proprietà cinese del Milan

 

Mai nella storia del calcio italiano, il Milan aveva speso cento milioni di euro in una campagna acquisti. Mai un club italiano aveva speso cento milioni di euro senza incassare nulla in una campagna acquisti. E siamo solo al 15 giugno. Sta proprio in questa incredibile sequenza numerica la nuova marcia impressa dal Milan nel mercato 2017 e forse sarebbe il caso che gli addetti ai lavori iniziassero a prenderne atto. Magari qualcuno potrebbe anche ammettere di essersi sbagliato nel valutare la nuova proprietà cinese del Milan e qualcun altro potrebbe riconoscere come la stampa sportiva italiana sia assolutamente digiuna di conoscenze, aspetto che li ha condannati ad una figura barbina. In particolare, il problema dell'Itali come paese e della sua informazione risiede nella voglia di cercare sempre il losco fra le pieghe di qualsiasi situazione.

Senza capire che il dubbio è una virtù, mentre il sospetto è la peggior gabbia per un cervello. Riavvolgiamo il nastro. Nell'agosto del 2016, precisamente il 5 agosto, Fininvest e SES siglano un contratto preliminare avente ad oggetto la cessione del Milan che viene valutato 740 milioni di euro debiti compresi. Parte acquirente si impegna a versare 15 milioni di euro subito ed 85 milioni entro il 10 settembre. Entrambi i versamenti vengono effettuati nei termini pattuiti. Il famigerato closing viene previsto per il 13 dicembre e con esso il versamento dei crediti rimanenti. Accade però qualcosa che ritarda il closing e l'acquisizione del Milan viene così definita in data 13 aprile 2017.

Quattro mesi di ritardo dovuti al blocco dei capitali in uscita dalla Cina, per una decisione governativa presa dal governo di Pechino. Non un'opinione pertanto, bensì un fatto. Su quel fatto invece, anzi sull'ironia spicciola ed in malafede riversata su quel fatto, si sono innestate opinioni di tutti i tipi. Si è parlato di operazione farlocca, di rientro di capitali berlusconiani tenuti in chissà quale luogo sperduto del mondo, del Cavaliere Nero che teneva in ostaggio il Milan, dei cinesi che non esistevano e della magistratura che doveva intervenire su questa situazione. Il tutto per non voler credere ad un mero dato di fatto, incontestabile peraltro, che ha ritardato il closing di 4 mesi.

Non era una semplice opinione: si trattava di una decisione economica del governo cinese. D'altronde siamo il paese dei complottisti in servizio permanente ed effettivo, dove Grillo è diventato popolare grazie ad un blog che sponsorizzava bufale contro la chemioterapia e le scie chimiche, dove preferiamo credere a Vanna Marchi o al Mago Atanus piuttosto che all'Organizzazione Mondiale della Sanità. Un paese dove il sospetto è stato elevato a virtù e dove la coscienza critica è stata sostituita dal dogmatismo della cospirazione.

Come meravigliarsi pertanto se qualcuno credeva ai fantasmi cinesi e se eminenti giornalisti derubricavano la cessione del Milan a mera boutade e ad operazione non cristallina? Qualcuno sostiene che noi italiani abbiamo i politici che meritiamo. Personalmente credo che abbiamo anche i giornalisti che desideriamo avere.

Ed è forse questo l'aspetto più triste di questa vicenda.

 

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